Fosca
Poter abbracciare un albero,
come fosse parte di me,
mi sorse alla nascita di Fosca.
Poter vivere la sensazione
di cingere una cosa
che in un certo qual modo
ti appartiene, anche in mancanza
di quello che rappresenta,
mi ha sempre affascinato.
Il veder crescere l’albero,
il sapere dov’è, il poterlo accudire,
il vederlo cambiare,
il sapere che ti sopravviverà
e lei lo potrà ancora cingere
quando tu non sarai più
è una sensazione impagabile.
Se vogliamo è un culto dei vivi
che lascia profonde e indissolubili
tracce anche nel culto dei morti.
Bio
Intorno alla metà del ventesimo secolo, nasco!
Sono anni di movimento e di movimenti e la comparsa dei media ne da rilievo e l’avvento degli anni ’70 ne descrive le turbolenze ormai palpabili.
Attraverso una crescita intelletuale i movimenti, mirati a una revisione dell’aspetto strutturale e culturale di una società densa di retaggi post bellici, prendono corpo.
In questi anni sviluppo consapevolezza attraverso il viaggio e il confronto culturale multietnico e mi avvicino alla “manualità intellettuale”.
Utilizzando i pochi strumenti tecnologici a disposizione e scoprendo tecniche e materiali nella loro essenza venni condotto alle esperienze foto-grafiche di design
e dei suoi movimenti.
La caduta del Muro aprì una cortina, ma fu anche il periodo in cui l’avvento del computer distrusse per sempre la manualità, l’inventiva e il garbo, sostituendola con
esempi alla moda e poco concettuali.
Ora, riflettendo, rivedo l’importanza della costruzione interiore attraverso la manualità e la palpabilità degli oggetti.
Cosa che oggi il virtuale preclude o ti riserva solo in parte.
“Un libro ti fa sognare
la campagna ti da da vivere
un computer ti da l’illusione”.





